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LA REALTÀ È SUPERIORE ALL’IDEA
Il pensiero contemporaneo torna a essere realista?

Gaetano Piccolo

Quaderno 4011-4012 pag. 298 - 304Anno 2017Volume III
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ABSTRACT – «La realtà è superiore all’idea» è uno dei postulati che guidano il pensiero di papa Francesco. Ne parla nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium quando affronta il tema del bene comune e della pace sociale (EG 217-237). In questo contesto, il Pontefice postula quattro princìpi: il tempo è superiore allo spazio; l’unità prevale sul conflitto; la realtà è più importante dell’idea; il tutto è superiore alla parte.

Questa insistenza sull’efficacia della realtà, per non perdersi nei possibili travisamenti dell’idea, è estremamente attuale e fortemente presente nel dibattito filosofico contemporaneo. In diversi contesti culturali – non solo europei, ma anche negli Stati Uniti e in Australia – si parla infatti di «nuovo realismo» e talvolta addirittura di un ritorno alla metafisica. La questione è: esiste un mondo indipendentemente da un soggetto che lo pensa?

La realtà è l’inemendabile: il fatto con il quale mi scontro, che posso provare a comprendere, ma che non è a disposizione del mio tentativo di manipolazione. La realtà diventa così limite, ma nel contempo limite rassicurante.

Papa Francesco sembra dunque recuperare con un tempismo straordinario il nucleo di un dibattito caro alla tradizione, inserendolo nella discussione culturale attuale, indicandone anche i possibili risvolti etici. Perché il primato del reale, senza il quale il soggetto non si potrebbe neanche pensare, coincide con la consapevolezza di essere inevitabilmente in relazione con il tutto di cui esso è parte.

Nel mondo incontriamo ovviamente cose diverse, e di cui possiamo farci idee diverse, ma tutto questo è possibile solo per il primato dell’esistenza. Ci può essere incertezza sul grado di conoscenza degli oggetti, ma non sull’esistenza di qualcosa che si offre alla conoscenza, sul semplice fatto che ci sia qualcosa. L’incertezza riguarda l’essenza delle cose, non la loro esistenza, così come il primato della realtà non riguarda l’evidenza degli oggetti, ma la loro esistenza: un’esistenza di cui non possiamo non prendere atto, per evitare di trasformare il mondo in una playstation.

REALITY IS SUPERIOR TO IDEA. Is contemporary thinking returning to the realistic?

«Reality is superior to the idea» is one of the postulates that guide the thought of Pope Francis. The article identifies a convergence between the Pope’s reflection on this and the current debate around the question of realism: the conviction of the existence of a world regardless of the one who thinks it. However, the question of reality is not original, since it has always been at the centre of the philosophy which has been inspired by Thomas Aquinas. In conclusion, the article indicates the ethical implications of the way in which reality is understood.
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LA MISERICORDIA ETERNA DEL SIGNORE

Pietro Bovati

Quaderno 4011-4012 pag. 223 - 239Anno 2017Volume III
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ABSTRACT – L’uomo religioso è colui che, in vari modi e con diverse gradazioni, ha fatto esperienza certa di Dio, un Essere unico e sublime, la cui eccelsa qualità impone che davanti a Lui si assuma un atteggiamento di profonda riverenza. Questa esperienza fondatrice è attestata diffusamente nella Bibbia, e in particolare nei Salmi.

Ci mettiamo in ginocchio, come riconoscimento di piccolezza, di fronte al Dio grande; ma non nella vergogna, al contrario, nel canto e nel plauso. Il riconoscimento della incomparabile qualità divina assume infatti la forma della preghiera di lode, che nella sua forma migliore non ha altra finalità che quella di celebrare Dio «per la sua immensa gloria»; l’orante esulta di intensa gioia nell’esaltare e magnificare Dio, perché riconosce che tutto ciò che di bene esiste è in Dio, e Dio è, di fatto, originaria benevolenza, è perfetta volontà benefica. Per noi che vogliamo essere uomini religiosi, è doveroso allora entrare nella considerazione meditativa della misericordia del Signore assumendo non un procedimento speculativo, ma una dimensione di preghiera. Ed è utile e saggio prendere a modello il modo di pregare ispirato; e concretamente il salmo 136, la «grande lode» (il grande Hallel) della tradizione biblica.

In esso l’autore ci introduce e ci guida nel canto che celebra la perenne benevolenza di Dio. Meditando passo passo il Salmo, si coglie come la misericordia di Dio si manifesta fin dal principio nella grandiosità della creazione; si attua nei potenti gesti della storia della salvezza, in particolare nell’esperienza che Israele fa dell’Esodo, dell’essere salvati dal Faraone; e raggiunge l’orante nel momento presente con il dono della terra e del pane quotidiano.

Da sempre e per sempre è la misericordia del Signore – l’eterno presente di Dio – e perpetuo e sempre nuovo è l’inno di grazie del credente, con cui egli interpreta il grido di giubilo di ogni creatura, ricordando quanto buono è il Dio del cielo.

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THE LORD’S ETERNAL MERCY

Prayer is needed to truly receive the Lord’s mercy. And to pray we have to listen to the Word of God. The author of Psalm 136 introduces, and guides us in the song that celebrates God’s perpetual benevolence. It manifests itself from its beginning in the grandeur of creation, it is carried out in the powerful gestures of the history of salvation and reaches the person who prays at that actual moment with the gift of daily bread. Forever and always is the Lord’s mercy, and perpetual and ever-new is the believer’s hymn to say thank you, and with which he interprets the cry of jubilance of each creature, remembering how good the God in heaven is.
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ARTE CRISTIANA E CULTURA CONTEMPORANEA
Tra declino e speranza di riscatto

Andrea Dall'Asta

Quaderno 4011-4012 pag. 305 - 315Anno 2017Volume III
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ABSTRACT – Il rapporto tra cristianesimo e arti visive si è configurato nel mondo europeo, pur tra alterne vicende, come la storia di una stretta e feconda alleanza. Di fatto, la produzione artistica dell’Occidente – dalla Spagna alla Russia, dall’Italia ai Paesi scandinavi – non può essere compresa separatamente dalle sue radici cristiane. E la Chiesa – ma potremmo parlare anche di «Chiese», come la Chiesa cattolica o quella ortodossa – è stata una committente straordinaria.

Tuttavia, l’alleanza tra arte e fede appare sempre più allentarsi con il passare dei secoli. In modo particolare, a cominciare dal XVIII secolo e con l’affermarsi dell’Illuminismo, l’ispirazione artistica che nasce dall’esperienza di fede cristiana perde progressivamente quella capacità creativa e propulsiva che era stata all’origine di realizzazioni pittoriche, scultoree e architettoniche straordinarie.

Come reagisce la Chiesa a questa crisi epocale e al lento e progressivo processo di secolarizzazione? Da un lato, c’è la tentazione di reinscrivere la postmodernità nella tradizione, con un ritorno a un passato mitico e rassicurante. Dall’altro, la vera sfida consiste nell’ascoltare gli interrogativi del nostro tempo. La ragione per cui l’arte contemporanea è così frammentata e diversificata nelle sue espressioni – pensiamo solo alla distanza tra Jackson Pollock e Lucian Freud, tra Francis Bacon e la Pop Art, tra Ettore Spalletti e Damien Hirst – è probabilmente che essa è abitata dall’ansia di una ricerca di senso che è sempre insoddisfatta e di fronte alla quale la Chiesa si sente talvolta impreparata e confusa.

Questo profondo senso di smarrimento emerge pienamente dall’arte liturgica attuale, per la maggior parte anacronistica, inadeguata. Quando entriamo nelle nostre chiese per vedere quali interventi sono stati compiuti in questi ultimi decenni, restiamo colpiti dalla frammentarietà delle proposte, dall’improvvisazione delle diverse realizzazioni, sia negli spazi antichi sia in quelli contemporanei, come se ancora oggi, a distanza di cinquant’anni dal Concilio Vaticano II, non fosse stata elaborata una seria riflessione sul tema dell’immagine. Tra queste diverse espressioni figurative, sembra emergere un comune denominatore: lo sguardo rivolto al passato.

L’arte è chiamata a essere di nuovo profetica, indicando nuovi orizzonti di senso, perché l’uomo di oggi possa essere in grado di accettare le sfide della contemporaneità e dei suoi linguaggi. Quale arte oggi è capace di dialogare con l’assoluto?

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CHRISTIAN ART AND CONTEMPORARY CULTURE. Between decline and hope of redemption

The relationship between Christianity and visual arts in Europe amounts to a story of close and fruitful alliance. But, this close tie has loosened with the passing of the centuries, and above all today with secularization. How has the Church reacted to this historical crisis? On the one hand, there is the temptation to re-inscribe post-modernity into tradition, with a return to a mythical and reassuring past. On the other hand, the real challenge is to listen to the questions of our time. Art is called to be prophetic again, pointing to new horizons of meaning for man today.
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L’ONDATA DEL POTERE COLOR ZAFFERANO
La democrazia in India e il nazionalismo hindu

Rudolf Heredia

Quaderno 4011-4012 pag. 278 - 286Anno 2017Volume III
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ABSTRACT – Le elezioni nazionali per la Camera bassa del Parlamento indiano, dell’aprile-maggio 2014, hanno segnato uno spartiacque nella politica democratica dell’India. Il partito nazionalista hindu, Bharatiya Janata (BJP), ha per la prima volta conquistato la maggioranza. Si è parlato di un’«ondata color zafferano», che è uno dei colori della bandiera indiana, quello delle vesti dei religiosi hindu e del partito BJP. Il BJP governa attualmente in 13 dei 29 Stati indiani, e non esistono alternative politiche in grado di sfidarlo.

In quale contesto si inserisce questo cambiamento? Secondo il Rapporto del Pew Research Center dell’11 aprile 2017, la situazione in India, per quanto riguarda la violenza a sfondo religioso, appare una delle più gravi nel mondo. Nel Paese si registra una crescente intolleranza verso le minoranze e gli emarginati, in particolare verso i poveri, che, a livello nazionale e regionale, si vengono a trovare in una situazione molto precaria e allarmante.

Occorre prestare molta attenzione alle possibili derive di tali tensioni. L’India ha combattuto questo tipo di deriva fin dall’indipendenza, grazie a un illuminato movimento libertario, ma ora sembra aver imboccato proprio la strada temuta. Le caste e le etnie, la religione e l’appartenenza regionale sono diventate linee di frattura lungo le quali la violenza collettiva periodicamente lacera il tessuto della società indiana.

Purtroppo, nel corso degli anni i principali partiti politici e i vari governi che essi hanno formato non sono riusciti ad affrontare efficacemente le concrete sfide a lungo termine che l’India odierna ha poi accumulato. La «politica identitaria» ha soppiantato «l’interesse politico». La conseguente ondata di crisi e di disordini lascia il Paese in balìa di una contraddizione irrisolta: quella tra l’idea costituzionale di un’India repubblicana fondata su una democrazia sociale liberale, e una nazione hindu (Hindu Rashtra) basata su un nazionalismo hindu (Hindutva) aggressivo e ideologico.

Accanto a questo, oggi il «programma zafferano» si è sposato con il libero mercato e si è tuffato nel globalismo neoliberalista, sull’onda del cosiddetto «modello Gujarat», dal nome dello Stato in cui con più decisione si è scelta questa strada. Tuttavia, la distribuzione disuguale continua a crescere. E le disuguaglianze socioeconomiche, create dal modello di sviluppo neoliberale di crescita senza equità, ingenerano pericolose tensioni e disordini politici. Occorre prestare dunque molta attenzione a non ribaltare i valori della Repubblica democratica previsti dalla Costituzione. La vera sfida è quella di proseguire e portare a termine la rivoluzione sociale promessa dall’Assemblea costituente.

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THE SAPHRON COLOURED WAVE. Democracy in India and Hindu nationalism

The national elections for the Lower House of Parliament of India, April-May 2014, marked a watershed in India’s democratic policy. The Hindu nationalist party, Bharatiya Janata (BJP), has for the first time conquered the majority. The article seeks to investigate the possible outcomes of an emerging drift regarding its own identity in the Indian sub-continent, and how the country’s current socio-political situation does not match that «idea of India» so eloquently expressed in the preamble of its democratic constitution.
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ESERCIZIO ZEN E MEDITAZIONE CRISTIANA

Hans Waldenfels

Quaderno 4011-4012 pag. 209 - 222Anno 2017Volume III
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ABSTRACT – L’uso del termine «Zen», divenuto di moda, si estende a proposte molteplici. In parte ciò è dovuto a «maestri» che si definiscono tali e si autorizzano da soli. Per questo è importante conoscere ciò che viene proposto in Occidente con la meditazione buddista. In particolare, intendiamo parlare degli esercizi Zen nel modo con cui vengono praticati da non buddisti, e soprattutto da cristiani. D’altro canto, oggi infatti non è più tollerabile la superficialità con cui nei secoli passati si sono espressi talvolta giudizi su ciò che è eretico o meno, tanto più che è necessario distinguere chiaramente tra teoria e prassi.

L’esercizio Zen si svolge in silenzio, stando seduti in maniera composta (zazen). Esso si fonda essenzialmente su un atteggiamento di quiete, dove alla quiete esteriore corrisponde quella interiore. Lo scopo di tale addestramento è quello di raggiungere uno stato in cui l’esercitante sia libero da immaginazioni e pensieri.

È possibile mostrare in modo fondato che l’esercizio Zen non allontana l’esercitante da Cristo, come temuto da alcuni, ma gli fa trovare la via per essere in lui, un modo per fare esperienza concreta del binomio «Cristo-in-me» e «io-in-Cristo.

Inoltre è interessante notare che si possano istituire dei paralleli tra questa pratica e gli Esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola, a partire già dalla scelta comune della parola «esercizi». Per Ignazio, all’inizio dell’epoca moderna, essi costituivano una via per condurre la persona a una conoscenza esistenziale del suo rapporto con Dio. Egli perciò ha dato indicazioni precise sui luoghi e i tempi degli Esercizi, sull’atteggiamento del corpo e sulla disposizione dell’animo, e anche sui singoli passi da percorrere lungo il corso degli Esercizi. Purtroppo a lungo gli Esercizi sono stati ridotti ad argomento di conferenze.

Coloro che partecipano agli esercizi Zen, o a ciò che viene proposto in Europa sotto questo nome o altri simili, sono in genere persone che provengono dall’ambito culturale «occidentale». Possono essere cristiani inseriti nel loro credo religioso più o meno profondamente; oppure persone non battezzate che sono in ricerca dal punto di vista religioso. A seconda della provenienza di ciascuno, è differente la reazione a tali esercizi. Ma è del tutto inappropriato respingere semplicemente l’esercizio Zen, ritenerlo pericoloso e mettere sempre in guardia contro di esso. Non ogni medicina giova e aiuta tutti.

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ZEN EXERCISES AND CHRISTIAN MEDITATION

The use of the term «Zen», which has become fashionable recently, extends to multiple propositions. In part, this is due to «the Zen masters» who define and authorize themselves alone. Therefore, this is why it is important to recognize what is being proposed in the West with Buddhist meditation. In particular, in this article Zen exercises are referred to in the way they are practiced by non-Buddhists, and especially by Christians. A more in-depth study of these exercises also shows that interesting parallels can be established between these exercises and the Spiritual Exercises of St. Ignatius of Loyola.

Per leggere l’articolo integrale, acquista il quaderno 4011-4012.